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SERVIZI DI PSICOTERAPIA

La psicoterapia cognitivo comportamentale(TCC o CBT) è un approccio terapeutico, supportato da importanti evidenze scientifiche che lo indicano come l'intervento di eccellenza (o evidence-based*)  per il trattamento di numerosi disturbi psicopatologici.

Questo orientamento psicoterapico si basa sul principio che ci sia una stretta relazione tra Pensieri, emozioni e comportamenti considerando i problemi emotivi come il frutto di credenze disfunzionali che si reiterano nel tempo, a scapito della sofferenza del paziente e della sua capacità a farvi fronte, a causa dei meccanismi di mantenimento.

Correlazione stretta tra comportamenti, pensieri ed emozioni

La TCC si pone come obiettivo quello di aiutare il paziente a riconoscere questi meccanismi e intervenire per modificarli. Tali interventi possono avvenire sia su un piano cognitivo(es. ristrutturazione cognitiva) che comportamentale(Es. esposizioni). 

Successivamente a una serie di colloqui di assessment(3/4) con la persona, utili alla comprensione della genesi della sua problematica ed al suo mantenimento, si definiscono le strategie di intervento, le tempistiche e gli obiettivi da raggiungere insieme nel percorso terapeutico. Le finalità durature che persegue la TCC sono la modificazione delle credenze profonde maladattive della persona che causano sofferenza e il mantenimento di quest’ultima.    

Tale lavoro non si esaurisce mai nell’ora di seduta settimanale, ma si avvale di prescrizioni quotidiane (o homework), concordati con il terapeuta che fornisce anche gli strumenti, per automonitorarsi in base ai propri pensieri, comportamenti e emozioni in modo tale da incrementare la consapevolezza del proprio funzionamento. 

La Terapia Cognitivo Comportamentale può essere svolta singolarmente o in gruppo(es. Gruppi di Dialectical Behavior Therapy(DBT), Gruppi di skill training, ecc…). In genere i primi incontri sono dedicati alla costruzione di una buona alleanza terapeutica e alla valutazione della problematica della persona(o assessment) con cui terapeuta e cliente cercano di capire le cause che generano, reiterano e mantengono la sofferenza di quest’ultimo.

L’efficacia trattamento tramite TCC è sostenuta da moltissimi studi per ciò che riguarda ad esempio:

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  • Disturbo dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici

  • Disturbi dell’umore

  • Disturbo ossessivo-compulsivo

  • Disturbo post-traumatico da stress(PTSD)

  • Disturbi dissociativi

  • Disturbi di personalità

  • Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction

  • Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione 

  • Disturbi del sonno-veglia

Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)

L’ Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) è una tecnica utilizzata in psicoterapia per svariati disturbi, anche se, inizialmente, era nata per il trattamento del trauma e dei disturbi ad esso associati. Sono numerose le organizzazioni e le associazioni che hanno riconosciuto la sua efficacia, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS). Numerose ricerche scientifiche dimostrano come l’EMDR sia efficace e la riconosce come un metodo “evidence based”. Attraverso la stimolazione bilaterale è possibile osservare, già in poche sedute, gli effetti dell’EMDR nella riduzione della sofferenza psichica, dovuta anche ai cambiamenti neurobiologici e strutturali del funzionamento cerebrale che questa tecnica induce.

DISABILITY CASE-MANAGEMENT

La metodologia del Disability Case Management si è sviluppata attorno agli anni Ottanta negli Stati Uniti e in Canada con l’obiettivo di coinvolgere le aziende in un processo di miglioramento delle condizioni di lavoro per i dipendenti e di promozione attiva del mantenimento del posto di lavoro dei lavoratori divenuti disabili o in situazione di svantaggio.

In Italia la figura del “disability manager” si trova definita per la prima volta nel “Libro bianco su accessibilità e mobilità urbana”(pubblicato da FrancoAngeli editore nel 2009), frutto del lavoro del tavolo tecnico istituito tra il comune di Parma e il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali nel 2009. Nasce, quindi, come figura da inserire principalmente nella pubblica amministrazione, in particolare nei comuni al di sopra dei 50 mila abitanti. Nel luglio 2013 nel corso di un’intervista a Il Fatto Quotidiano, l’allora ministro del Lavoro Giovannini ha auspicato l’inserimento dei “disability Manager” anche nei ministeri e in enti come Inps e Inail(Disabili, Giovannini: "Creare un disability manager nei ministeri", Il Fatto Quotidiano, 13 luglio 2013). Inoltre, la figura del “disability Manager” è stata prevista nel Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità approvato nel 2013; tuttavia non è stato emanato un regolamento nazionale che definisca la funzione di tale figura in ambito pubblico o privato. In altre parole, ad oggi tutto è fermo: non esiste infatti alcuna norma o regolamento che istituisca la figura del “disability manager”, né tantomeno del “disability and case manager”, a livello nazionale.

Indipendentemente dall’immobilismo legislativo, alcuni comuni hanno comunque deciso di istituire tale figura all’interno della loro pianta organica. Si tratta, tuttavia, di iniziative sporadiche e isolate, dettate più da una sensibilità della struttura od organizzazione, che non da un effettivo mandato.

Il Disability and Case Manager, partendo dall’offerta di attività ed interventi disponibili sul territorio, si propone di superare i tradizionali confini tra i servizi, di valorizzare le singole professionalità che già operano nelle realtà locali per favorire l’accessibilità, il coordinamento, l’assistenza alla famiglia, l’integrazione scolastica, l’inclusione lavorativa, il turismo, ecc. In base alla molteplice dottrina sul punto può essere definito come una figura professionale innovativa che ha il compito di raccogliere le istanze dei cittadini disabili e delle loro famiglie, di attivare il lavoro in rete di tutti gli enti e i soggetti coinvolti, di veicolare i bisogni delle persone disabili verso i servizi esistenti, di mettere in atto ogni azione volta a favorire l’accessibilità, urbanistica e non solo, e ad evitare ogni forma di discriminazione(SuperAbile INAIL, La scheda - Disability Manager in Italia).

Il ruolo di tale figura è complesso e variegato, prevedendo un’azione a tutto tondo: definito dagli esperti del settore, come un “facilitatore creativo” che, partendo dai bisogni della singola persona con disabilità, dispone degli strumenti per realizzare una visione unitaria e coordinata (costruzione di reti-servizi-soluzioni), per migliorare la qualità delle politiche territoriali.

A livello orientativo, attualmente, l’unico documento di riferimento è il citato “Libro bianco”, il quale offre alcuni spunti anche in chiave definitoria. Secondo questo documento, il “disability Manager” deve impegnarsi a:

  • promuovere presso le singole componenti dell’Amministrazione comunale un’attenzione peculiare alle persone con disabilità;

  • segnalare tempestivamente ai responsabili degli uffici eventuali iniziative e azioni che possano porsi in contrasto con gli enunciati della Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità (https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2016/07/c_01_convenzione_onu_ita.pdf);

  • evidenziare possibili linee-guida d'intervento al fine di promuovere i diritti delle persone con disabilità;

  • prevedere una segnaletica adeguata per l’accesso alle sedi dei servizi, definendo contrasti cromatici, colori e simbologia omogenea in modo da essere più facilmente identificabili, sia alle persone con disabilità sensoriali che psicofisiche, oltre che agli anziani;

  • verificare l’effettiva accessibilità delle strutture comunali in collaborazione con i diversi servizi, individuando le situazioni di difficoltà al fine del loro superamento.

TERAPIA COGNITIVO- COMPORTAMENTALE
(Cognitive behaviour therapy, CBT)

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